Responsabilità degli installatori – Il 21 marzo scorso, un gioielliere è stato ucciso in un negozio in pieno centro a Milano da un rapinatore, che è stato subito identificato grazie alle immagini registrate dalle telecamere, installate nella strada e arrestato nel giro di pochissimi giorni.
Un episodio di cronaca che conferma, da un lato l’estrema utilità dei sistemi di videosorveglianza urbana, ma dall’altro solleva questioni molto serie, da approfondire e possibilmente risolvere, nell’interesse di tutta la categoria che si occupa di sicurezza.
In primo luogo va sottolineato che il gioielliere è stato aggredito da una persona che aveva lavorato alle dipendenze della ditta, che si era occupata dell’installazione dell’impianto di videosorveglianza. L’ex tecnico si era infatti presentato in gioielleria dicendo di dover verificare il corretto funzionamento dell’apparato.
Tale situazione si sarebbe potuta evitare se nel nostro Paese fosse in vigore una normativa atta ad imporre dei requisiti soggettivi minimi di natura penale. In questo caso il datore di lavoro avrebbe saputo nell’immediato che il tecnico, che aveva assunto, aveva accumulato nel tempo precedenti penali di vario tipo.
Ad oggi infatti il datore di lavoro non può reperire informazioni sui lavoratori, né in fase di assunzione, né durante il rapporto di lavoro e non esiste inoltre alcuna norma che stabilisca i requisiti soggettivi minimi di natura penale da richiedere, da parte di un’Autorità di controllo, a chi installa impianti di allarme presso i propri clienti.
In aggiunta va sottolineato che allo stato attuale, non esiste alcuna normativa che imponga agli installatori di programmare gli interventi di manutenzione, né tantomeno di comunicare ai clienti l’inizio o la cessazione del rapporto di lavoro dei propri dipendenti, salvo procedure attivate dai clienti stessi – di solito banche, PA e grandi aziende.
La situazione appare quantomeno paradossale, e vede gli installatori/datori di lavoro nell’impossibilità di sapere se i propri dipendenti – del cui operato possono dover rispondere nei confronti dei propri clienti – abbiano o meno precedenti penali.
Oltre il danno quindi anche la beffa a danno di tutta la categoria degli installatori che si vedono messi in croce da un’opinione pubblica, che è sempre più propensa a generalizzare.
E’ risaputo che colui che chi si occupa dell’installazione di un impianto di allarme riceve, anche non volendo, informazioni molto delicate come ad esempio la configurazione del sito, i punti dove sono conservati i valori, le funzionalità dell’impianto installato e dei componenti.
Gli installatori hanno quindi molte più informazioni sensibili rispetto a quelle di cui dispongono ad esempio le guardie giurate, obbligate però per legge ad esibire un certificato attestante la propria situazione penale ed eventuali carichi pendenti, oltre all’attestazione del possesso dei requisiti formativi richiesti dalla legge.
Anche a seguito della più recente giurisprudenza civile di Cassazione si parla molto, in questo periodo, della responsabilità civile degli installatori, e l’allegato K della Norma Cei 79 – 3 affronta il problema solo dalla parte delle “buone pratiche” in campo tecnico. A salvaguardia dell’intera categoria, risulterebbe quindi necessario esaminare la questione anche dal punto di vista dei requisiti soggettivi minimi di natura penale degli installatori, sollecitando a tale scopo l’introduzione di una normativa specifica.
Adottando le giuste misure, si potranno evitare episodi come quello avvenuto a Milano, che oltre al risvolto tragico, ha contribuito a screditare un’intera categoria, che in maniera seria e rigorosa, si occupa ogni giorno di garantire ai propri clienti la massima sicurezza.
(Fonte: Sicurindex.com)
Vedi la nostra sezione dedicata alle soluzioni per la tua sicurezza