Banca d’Italia – 15 Luglio 2013, Roma. “Si lavora di meno e si ruba di più”, è l’amara conclusione a cui è giunta Banca d’Italia dopo uno studio condotto da Guido De Blasio e Claudio Menon.
I due esperti di via Nazionale hanno calcolato che, una contrazione del 10% dell’attività economica, a livello locale, ha prodotto un aumento del 6% dei furti e del 10% delle estorsioni.
Gli analisti di Banca d’Italia, nella loro ricerca, hanno utilizzato i dati based del Cerved relativi ai bilanci delle imprese nelle diverse realtà locali, incrociando poi tali dati con le ”notizie di reato”, comunicate in tempo reale, dalla polizia all’autorità giudiziaria.
Ne è uscita una dettagliata mappa territoriale che ha dato consistenza e numeri al legame tra crisi economica e criminalità ed ha alimentato un filone di analisi economica inaugurata da Gary Beker, che già nel 1968 scriveva: ”l’assottigliarsi delle opportunità per un mercato del lavoro legale fa diventare più attraente la possibilità di commettere un reato”.
Il rapporto di Banca d’Italia evidenzia l’impatto significativo della crisi sulle tipologie di reato che non richiedono specifiche abilità, come appunto i furti, suggerendo come una certa quantità di azioni criminali ”improvvisate” possano essere dettate direttamente dalle difficoltà economiche dei singoli.
Al contrario invece, si rileva un impatto negativo su altre categorie di reati in cui risultano necessarie maggiori competenze criminali, come ad esempio per le rapine. Ed ancora, non risulta nessuna relazione fra la crisi ed i reati a carattere non strettamente economico, come stupri, omicidi o altri crimini violenti. Gli effetti della situazione economica difficile sono più evidenti se si analizzano i dati sui furti nelle zone nelle quali la forza lavoro è più giovane o dove c’è una prevalenza di piccole imprese.
Non sorprende invece che nelle quattro regioni d’Italia, tradizionalmente caratterizzate dalla presenza della criminalità organizzata, (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) il legame fra la riduzione dell’attività economica e l’intensificarsi dei reati abbia un’evidenza ancora minore, ad indicare come il ”monopolio” del crimine, detenuto dalle organizzazioni mafiose, renda molto più difficile improvvisare un’azione illegale, rispetto alle zone dove invece il controllo del territorio è meno capillare.
Gli economisti tirano anche delle conclusioni, ovviamente economiche. Nell’affrontare i nodi della crisi – segnalano – bisognerà allungare la lista dei problemi sociali da affrontare e mettere in conto anche maggiori costi sociali e collettivi, che si riverseranno inevitabilmente sull’economia locale a causa dell’incremento significativo dei reati.
(Fonte: Blitz quotidiano)
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